19 ago 2010

Diario di viaggio 7 - estate 2010

7 agosto
Carlos ha un problema con le gomme dell’auto, lo aiutiamo prestando il nostro piccolo compressore acquistato in occasione del viaggio in Islanda. Si rivela utile, dopo la visita di Ishak Pasa si recherà da un oto lastik giù in paese per farsele sistemare.
Non ci sono parole per definire questo luogo che ha del fantastico. Non solo per la posizione straordinaria ma anche per l’architettura,con i suoi due cortili sui quali si aprono gruppi di sale,harem e torri. Portali con splendide decorazioni floreali,come fossero un ricamo. Rimaniamo incantati di fronte a tanta bellezza. A Rosy viene chiesto di posare per una foto ricordo con una famiglia curda, nel cortile altra foto ricordo con delle ragazze e infine le guardie che mi chiedono una foto lasciandomi naturalmente la mail per spedirla.
Usciamo dal palazzo e salutiamo Carlos e Cinthya che partono per altri lidi. Noi si prosegue a piedi verso la montagna, verso la vecchia moschea e le sovrastanti mura dell'antica Beyazit Kale. Il panorama verso Ishak Pasa è notevole. Al piccolo mercatino in fondo allo sterrato alcune bancarelle vendono delle belle collane in agata e ambra. Un sacco di gente è lì per il picnic o per pregare nella moschea. Tutti ci sorridono e salutano facendo cenno con il capo. Alcuni si avvicinano, ci stringono la mano e ci chiedono da dove veniamo con quello strano mezzo. Siamo convinti che molti di loro non sanno bene nemmeno dove sia il nostro Paese.
Davanti a Ishak Pasa, a vendere le collanine c’è Adam,un giovane curdo che parla in inglese ,sottovoce. Il piazzale si è riempito di militari armati e con un piccolo blindato. Uno di loro è appostato su un muretto, Adam ci dice che probabilmente sono venuti su dal paese proprio per noi, in quanto turisti da proteggere. Dopo dieci minuti che parliamo con Adam i militari se ne vanno e rimane solo un poliziotto. Adam è il cugino che si è aggiunto ci dicono della situazione piuttosto critica e delle condizioni di vita peggiorate in questi ultimi periodi. Acquistiamo due belle collane.
Quando ripassiamo davanti alla caserma della Jandarma, siamo seguiti da un blindato fino all’uscita dal centro.
Ancora qualche fotografia all’Ararat che anche oggi è senza la nuvola sulla cima. Ad un posto di blocco un ufficiale vuole offrirci a tutti i costi del te’. Noi per ringraziarlo gli offriamo una piccola bottiglia di Bacardi alla pesca, non vuole nulla, insistiamo e la prende. Come Crocodile Dunde toglie dalla fondina la baionetta e stappa la bottiglia, poi beve a canna, direi molto soddisfatto. Una stretta di mano e via! Anche i militari hanno un cuore e magari un giorno potranno vivere accanto ai curdi senza contrasti.
Al successivo posto di blocco il militare di guardia ci indica la strada migliore per Kars, passando per Digor. Una corsa su un altopiano con le terre dalle diverse tonalità di colore. Poi finalmente Kars e dopo altri 45 km. Ani, l’antica capitale armena, passando per piccoli villaggi tra cavalli che corrono liberi nella steppa e gruppi di oche guardate dai vecchi.
Con le mura di Ani scorgiamo anche i primi due camper italiani del viaggio. Veloci saluti e poi di corsa ad esplorare le chiese semidiroccate e quel che rimane di questa antica città oggi posta sul confine tra Armenia e Turchia. Camminando tra le chiese si vedono le torrette armene a guardia del confine al di là del fiume Arpa Cayi.L’ambiente è surreale e la luce del tramonto contribuisce a renderlo ancora più tale. Emana tristezza a pensare ai fasti che certo nella sua storia aveva conosciuto, oggi ridotta a tratti a macerie a causa dei bombardamenti,dei terremoti e delle ondate distruttive dei vari conquistatori. Rimangono in piedi comunque stupende testimoniante come la Cattedrale o la Chiesa degli Apostoli o la Chiesa di San Gregorio crollata per metà ma che reca scritture armene su una parete o la bellissima chiesa con gli affreschi sul dirupo verso il fiume. Qui passava la via della seta, e giù sul fiume un antico ponte distrutto consentiva alle carovane l’attraversamento. Chissà se anche Marco Polo pose piede su di esso. Di la del fiume, in Armenia, i resti di un convento, il convento delle vergini. Il culto del fuoco, il tempio di Zoroastro illuminato dal fuoco del tramonto di questa sera di agosto, in questo luogo in cui si tocca con mano la potenza distruttiva dell’uomo.Dormiamo fuori dalle mura con gli altri due camper rassicurati dalla guardia notturna di Ani che non resisteva alla curiosità di vedere come era fatto dentro il nostro camper. Una bimba ci chiede di comprare un rametto con infilati dei semi verdi, sembrano ceci freschi. Speriamo si di buon auspicio.

8 agosto
Saluti con i nostri vicini di notte, che fanno il giro inverso al nostro. Torniamo verso Kars soffermando il nostro sguardo sui poveri villaggi che si attraversano. Mucche e capre pascolano nella grande steppa che attraversiamo. Le oche sono la costante di questa zona. Ce ne sono molte che circolano per le stradine seguite dagli anziani che pare abbiano proprio questo ruolo. Kars ha una tangenziale che consente di non entrare nel centro, fatto quasi unico visto che fino ad ora l’attraversamento del centro città era di fatto obbligatorio. La città non ci attira, le guide non ne parlano granchè bene, architettonicamente con strade e quartieri molto regolari e squadrati. Proseguiamo oltre diretti ad Erzerum , antica città sulla via della seta. Si viaggia sui 1700 metri tra belle montagne e boschi e qualche pista da sci. La strada sembra anche in ottime condizioni. Pura illusione in quanto d’un tratto il fatidico cartello arancione “karaiollari” che fa presagire lavori in corso. E così è puntualmente, nuovamente strada sterrata, a doppio senso, con sassi che schizzano da tutte le parti e una specie di catrame asfalto praticamente sciolto che si attacca alle ruote e alla carrozzeria. Circa 30 chilometri in queste condizioni sono snervanti. Verso Erzerum per fortuna la situazione migliora. Entriamo in città, prossima sede delle olimpiadi invernali, in cerca della Cifte Minareli Medrese, un gioiello architettonico di grande bellezza, simbolo stesso della città. Una antica Medersa selgiuchide del XIII sec. con minareti gemelli decorati in maioliche, che ricordano in parte quelli visti su tante foto di Samarcanda, portale stupendamente decorato. Stili che si sovrappongono in base alle dominazioni. Di qui sono passati armeni,romani e bizantini,selgiuchidi e mongoli. In fondo al cortile, dopo il colonnato, una grande sala a cupola che ospitava la tomba della fondatrice della medrese, all’interno una dolce musica di uno strumento simile all’oud. Chiediamo il permesso di riprendere, il musicista acconsente e all’uscita ci chiede se possiamo inviargli il filmato. La piazza è affollata di gente, anziani con una barbetta bianca ben curata, giovani coppie che passeggiano. Ci viene incontro un simpatico e spiritoso signore turco che possiede un negozio di tappeti nei pressi, ha lavorato molti anni in Germania e poi ha deciso di tornare al proprio paese. Ironizza sui molti lavori in corso per le strade della città che effettivamente sembra un grande cantiere. Probabilmente i finanziamenti per le olimpiadi invernali c’entrano qualcosa. Non molto distante si passa accanto alla grande moschea, la Ulu Cami, una rapida occhiata all’interno prima di tornare verso la piazza, in completo rifacimento, che ospita la la Yakutiye Medrese, una scuola teologica mongola del 1300. Anche qui molto bello il portale di influenza selgiuchide e quel che resta dello stupendo minareto riccamente rivestito di maioliche azzurre. L’interno è attualmente in restauro e dunque non visitabile. Accanto a questa, la moschea Mustafa Pasa. A ridosso del quartiere ai piedi della Kale, attira la nostra attenzione un edificio con molte cupole. E’ il Rustem Pasa Carsisi. Il via vai di gente è dovuto alla presenza di orafi artigiani che qui hanno le loro botteghe dove lavorano una elegante pietra nera locale, che qui definiscono Ambra Nera. Collane, anelli e gioielli molto eleganti.
Un giro per la via principale, tanto per cambiare, Cumhuryet Caddesi, ci mostra negozi di abbigliamento decisamente moderno e occidentale cui si alternano altri con abiti lunghi molto tradizionali. Questo riflette certamente lo spirito di questa e altre città dell’est turco dove convivono tradizione e modernità, religiosità e laicità. Per le strade non è raro infatti trovare donne in nero interamente coperte, altre con i classici impermeabili e foulard, altre ancora con vestiti di gusto occidentale e senza veli alcuno.

A Erzerum notiamo diversi ristoranti che propongono il çag Kebapi una specie di grande spiedo orizzontale che gira sui carboni ardenti e che viene tagliato fine e infilzato in uno spiedino metallico. Certo non possiamo andarcene senza provarlo. Buono e finalmente non speziato.

Lasciata Erzerum, si segue la grande strada transanatolica che taglia il grande altopiano alternando paesaggi tipo steppa a grandi boschi e fiumi.