19 ago 2010

Diario di viaggio 6 - estate 2010

5 agosto
Dormiamo un po’ di più complice il frescolino. Al mattino suscitiamo la curiosità degli altri campeggiatori che si avvicinano per curiosare un po’ molto discretamente. Poi è il turno di una ragazza che ci offre patatine e dei suoi fratelli. Rosanna è invitata ad andare nella loro tenda a conoscere la nonna. Poi, dopo i saluti e lo scambio di e-mail con i ragazzi del campeggio si parte per il monte Nemrut Dag. Quattro chilometri di strada asfaltata ma disastrata dopodiché tutto sterrato. Un polverone che ci vorrà molto per toglierlo. La strada sale fino al passo dove si ha una splendida veduta sulla enorme caldera del vulcano e sulla cima. In basso il grande lago distante da qui ancora 8 km di sterrato. Il paesaggio è affascinante, ovunque enormi blocchi di ossidiana testimoni di antiche eruzioni. Fiori gialli e Upupe che non si fanno catturare dall’obiettivo delle fotocamera. Si scende verso il lago caldo e dopo un tratto molto accidentato si arriva al grande lago. Per il ritorno si segue l’indicazione Ahlat per passare sulla riva del lago piccolo dove alcuni gabbiani si bagnano. Tutto intorno il silenzio assoluto e una natura selvaggia e aspra. Un paesaggio che non si dimentica facilmente.Ritorniamo al passo seguendo una sterrata a tratti sabbiosa.
Il camper sale agevolmente. Finalmente siamo in vista dell’impianto di seggiovia e della strada asfaltata di Tatvan.
Sosta a Tatvan per spesa e banca, dove mi fanno perdere mezz’ora per controllare e ricontare più volte gli euro, dopodiché mi chiedono il telefono e la copia del passaporto (!). Rosi intanto deve spostare il camper perché parcheggiato davanti alla Jandarma. Ci rimettiamo in viaggio seguendo la strada del grande lago di Van , dal colore azzurro intenso. La strada non è costiera e passa in mezzo a vallate verdissime coltivate e con mucche al pascolo. Contadini curdi al lavoro e bimbi che accudiscono le mucche e le greggi di capre e pecore .Sembra proprio un paesaggio alpino. Si fa un passo a 2200 metri dopodiché una vertiginosa discesa ci riporta sulla riva del lago che seguiamo fino al restaurant-camping Akdamar proprio di fronte l’imbarcadero da cui partono i traghetti che domattina ci porteranno sull’isola a visitare la Chiesa della Santa Croce, un gioiello dell’architettura religiosa armena.

6 agosto

Il lago di Van stamattina è liscio come l’olio. C’è una leggera foschia che comunque non riesce a nascondere il colore turchese delle sue acque. All’imbarcadero incontriamo due coppie di simpatici italiani con i quali facciamo il viaggio in traghetto e condividiamo la visita della chiesa. Sul traghetto con noi si imbarca una comitiva di inglesi di colore ( a quanto capiamo pare essere una congregazione religiosa). La chiesa della Santa Croce è stupenda, ancora più bella di quel che mi aspettavo. In ottimo stato di conservazione i bassorilievi e i fregi esterni che rappresentano scene bibliche , rovinati gli affreschi interni. All’esterno alcune lapidi con iscrizioni armene sparse sulla collinetta e intorno alla chiesa. Il complesso,la posizione, l’isola …. fanno di questo posto un luogo di straordinaria bellezza. Si torna indietro, qualche battuta con gli inglesi , i saluti con i signori italiani , il tempo di recuperare il camper e via verso Van. La strada è solo per brevi tratti costiera, poi si inoltra in verdi vallate e passi a 2200 metri. Paesaggio decisamente alpino, da cartolina con tanto di fiume e mucche al pascolo. Uomini e donni al lavoro nei campi.

Finalmente si torna sulla costa e riappare il turchese del lago. Siamo a Van cittadina che ci accoglie con una enorme statua di due gatti con gli occhi dai colori diversi, il famoso gatto di Van, bianco, con un occhio verde e uno azzurro. Nessuno sa dire però dove si trovi quello vero !

Sbagliamo strada e finiamo diritto in centro. Van ci appare una città molto moderna e vivace , con bei negozi e gente indaffarata negli acquisti o semplicemente a passeggiare nei viali. Dopo varie richieste di informazioni torniamo sulla strada giusta che ci porta a Van Kalesi, il grandioso castello di Van. Nei dintorni un gruppo di archeologi sta effettuando altri scavi, il custode sorridente ci indica il sentiero per salire a piedi alla rocca. Lungo il percorso ,le poderose mura,il minareto e il “castello di argilla” ; dall’alto un panorama spettacolare sulla città nuova da un lato e sui resti di quella antica dall’altro con le sue moschee semidiroccate. Quando ritorniamo giù il custode ci fa visitare una tipica casa del posto con stanze addobbate di tappeti e oggetti di artigianato. Tra tutto certo non poteva mancare un bell’arazzo con il fantomatico gatto di Van. Per non essere da meno ci rechiamo in un negozietto a comprarci tre gatti di ceramica rigorosamente con gli occhi di colore diverso.

Ma la nostra strada ci porta sempre più a est. Verso il nostro obiettivo, verso il monte Ararat.

Lungo la strada certo non mancano i lavori alle strade con la relativa polvere che ormai è una costante del viaggio. Tratti sterrati si alternano a tratti molto veloci e ben asfaltati. Ogni tanto qualche posto di blocco della Jandarma ci impone un rallentamento. Circa a metà strada sostiamo alle cascate di Muradiye ( Muradiye Selalesi). Per vederle si deve attraversare un ponte sospeso di corda,filo di acciaio e legno che balla alla grande al passaggio delle persone. Di là del ponte ci vengono incontro tre ragazze curde che ci chiedono di fare loro una fotografia. Loro sono di Hakkari e sono venute alle cascate per il picnic. Dopo le foto ci invitano nel loro angolo da picnic, dove il marito di una sta arrostendo dell’ottimo pollo che prontamente ci offre. Poi altre foto con la promessa di spedirle in e-mail appena si torna in Italia.
Non manca molto a Dogubayazit. Ai bordi della strada vaste colate laviche probabilmente di quel cono vulcanico che si distingue all’orizzonte. La luce verso il tramonto conferisce un aspetto spettrale. Quando stiamo per giungervi ecco che appare in tutta la sua maestosità il monte Ararat, un sogno . La sua cima è libera dalle nuvole, cosa rara, c’è foschia ma questo contribuisce in qualche modo ad aumentarne il fascino e il mistero. Non lo perdiamo d’occhio per un attimo fino a quando si giunge a Dogubayazit, un avamposto curdo a circa 35 km. dal confine iraniano,militarizzato dalla Jandarma che sorveglia  ogni angolo di strada. Si vedono mezzi blindati che circolano in città e carri armati che sorvegliano gli ingressi delle caserme, soldati protetti da sacchi da cui spuntano fucili. Una dimostrazione di forza militare con cui i curdi convivono quotidianamente.

Seguiamo le indicazioni di Ishak Pasa Saray, il palazzo dele mille e una notte costruito su uno sperone roccioso proprio sopra la città e tra le montagne. E’ il tramonto,saliamo per alcune foto, dopodiché si va al camping Murat che è un chilometro sotto, dal campeggio si vedono le mura del palazzo illuminate.

Siamo gli unici ospito del camping, poi arrivano Carlos e Cinthia,due simpatici spagnoli, free climber, che stanno cercando la via più vicino per salire sull’Ararat. Dopo di loro una famigliola nordeuropea diretta a Teheran, per stabilirvisi.

Nelle semplici camere dell’ostello alcuni giovani alpinisti, anche loro in attesa della scalata. Murat è il cordiale gestore di questo luogo dove convivono l’ambiente del rifugio alpino,l’ostello,il campeggio e l’area picnic con tanto di tende e griglie all’aperto.