4 ago 2010

Diario di viaggio 4 - estate 2010

2 agosto- 3 agosto
Si dorme discretamente al camping pension Karadut. Al mattino con molta calma lasciamo il campeggio. Il giovane gestore ci offre la possibilità di tornare da lui per il giorno seguente utilizzando il servizio minibus per accompagnarci alla vetta. Noi ridiscendiamo la valle passando attraverso remoti villaggi di montagna poverissimi. Si vedono bimbi che accudiscono le capre o le mucche, donne indaffarate sull’atrio di semplici case, uomini che trasportano di tutto con vecchi furgoni o a dorso d’asino. I bambini passando ci salutano, qualcuno ringrazia per le foto. Dopo circa 25 chilometri arriviamo al bivio di Eski Kale (Arsameia) e da qui proseguiamo per il ponte di Cendere annunciato dall’ampia vallata scavata dal fiume che in questa stagione si divide in mille rigagnoli. Oggi la strada passa sul nuovo ponte, ma il vecchio ponte romano dedicato a Settimio Severo è ancora lì, intatto, con le sue tre colonne ( in origine erano quattro) a scavalcare il fiume a ridosso di una stretta gola. Fa molto caldo ma è proprio una grande emozione calpestare il terreno di questo antico ponte che ha visto transitare nei secoli legioni romane ed eserciti avversari.

Circa 8 chilometri oltre verso Katha deviamo per Karakus Tumulus, un grande tumulo dove si pensa sia sepolta la famiglia del re Mitridiate. Oggi restano in piedi quattro colonne sormontate da un aquila, da un toro e da una stele a bassorilievo che raffigura membri della famiglia. Il posto è surreale in cima a un piccolo colle dove trova posto solo un parcheggio e un chiosco dove si vendono bibite, tappeti e souvenir. Unici presenti, dopo la visita ci fermiamo per riposarci e scambiare due parole con i simpatici ragazzi gestori che ci mostrano la tazza magica che segna l’alba sul Nemrud Dagi dopo averci messo acqua. Incredibile !!!
Ci attende Arsamela, antica capitale del regno di Commagene. Prima si passa da Eski Katha ( Yeni Kale) con le sue possenti rovine del castello Mamelucco abbarbicato in alto sulla roccia Entriamo dal gate del parco nazionale del Nemrud Dagi e dopo circa un chilometro siamo al camping-chiosco di Arsamela . Ci viene incontro il giovane gestore per proporci l’escursione al Nemrud con il suo mezzo. Visitiamo il sito che ha bei bassorilievi lungo il percorso raffiguranti il re Mitridiate in compagnia di dei . Molto bello quello con Eracle nella parte alta del percorso dove è presente anche una grande stele sopra una caverna con incisioni in greco che narrano della nascita di Arsamela, capitale del regno di Commagene durato solo 26 anni .
E’ il momento di affrontare la salita, il gestore del chiosco si intrattiene con noi e ci sconsiglia di andare avanti, meglio utilizzare il suo mezzo in quanto ci sono forti pendenze ( prende un telecomando lo inclina fortemente per mostrarci la pendenza !) . Noi gli diciamo che siamo abituati a pendenze forti e che il nostro mezzo è potente. E così si parte. In effetti le pendenze sono molte forti certamente non adatte ai camper di una certa dimensione o mansardati , ma il nostro sale agevolmente anche negli stretti tornanti spesso utilizzando la prima marcia. La strada è abbastanza buona e poi non passa nessuno, solo due chilometri sono sterrati ma buoni, poi all’incrocio con la strada che viene da Nerince diventa pavimentata e decisamente bella. Arriviamo al park Cafè dove il gestore ci fa segno di parcheggiare nell’unico posto in discreto piano per rimanere per la notte. Per noi è un piccolo sogno che si avvera . Dopo un breve riposo, un immancabile tazza di te’ e qualche consiglio, si parte a piedi per la visita del sito e per il tramonto. Spettacolare è un termine che non rende molto l’idea. Al tramonto si assiste dalla terrazza ovest, le enormi teste sparse di Antioco,Giove, Apollo ed Eracle, dell’aquila e del leone, di Tyche la dea della fertilità, si illuminano con i raggi dell’ultimo sole, tutti i giorni da millenni. Antioco I, re di Commagene ha scelto proprio un bel posto per costruire la sua tomba, i qualche modo forse ha pensato di darsi l’immortalità. Tutti i giorni dalla terrazza est del probabile sepolcro vede sorgere l’alba e da ovest vede il tramonto del giorno. Sulla terrazza est sono rimasti i busti decapitati dai vari terremoti, il trono, le teste stanno ai piedi , allineate, immense ed espressive. Tutti i giorni viaggiatori si recano in omaggio all’alba e al tramonto ed in qualche modo anche a colui che ha voluto questa opera in questo luogo magico a 2200 metri di altezza. Antioco I e il suo breve piccolo regno sarebbe probabilmente rimasto ai più sconosciuto.
A letto presto dopo cena, alle 4.30 dobbiamo essere in piedi per riaffrontare al buio il sentiero stavolta verso est per raggiungere la cima e i piedi del tumulo. Scrivo una parte di questi appunti sulla terrazza del park cafè nel silenzio più assoluto,sono tutti a dormire , anche i quattro motociclisti italiani che hanno deciso di rimanere per la notte in sacco a pelo sui divani all’aperto . Si sentono già le prime auto che arrivano, ci prepariamo in fretta e si parte con le pile alla mano. Ad aspettare il sorgere del sole siamo in tanti, con gli occhi puntati all’orizzonte e di tanto in tanto volgendo lo sguardo ad Antioco e agli dei. Le statue si illuminano e Antioco torna a vivere per un altro giorno. Torniamo al camper per riprendere un po’ di sonno.
Torniamo a valle per la strada di Karadut decisamente più bella anche se con pendenze del 11-12 %
A Narice seguiamo il bivio per il Ferryboat, la strada finisce direttamente in acqua, nelle acque del lago Ataturk che hanno convogliato le acque del fiume Eufrate inondando gran parte di questa zona. Il traghetto, un mezzo da sbarco della guerra riadattato, sta arrivando. Gli unici stranieri siamo noi e un ragazzo svizzero che viaggia in solitaria con un vecchio pulmino Volkswagen . Sulla sponda qualcuno pesca, i bimbi fanno il bagno e le donne lavano e battono la lana. La traversata dura circa 25 minuti. Dopodiché si entra di fatto nell’est, quello che per molti è il Kurdistan turco.
La strada per Dyarbakir è un grande deserto di pietre, lontane eruzioni vulcaniche. Ogni tanto qualche sprazzo di verde in corrispondenza di rigagnoli d’acqua. Siverek è la desolazione di una cittadina per metà nelle condizioni di discarica a cielo aperto . Dyarbakir è una grande città trafficata e ci mettiamo non poco per attraversarla. Puntiamo direttamente verso Mardin a sud est verso il confine siriano. Mardin è patrimonio dell’Unesco è una bella città, almeno nel suo centro storico, con splendidi palazzi in pietra color miele, visitiamo il museo archeologico-etnografico in un bellissimo palazzo, la splendida Sultan Isa Medresesi e il caravanserraglio che oggi ospita l’ufficio postale dove gentilissimi guardiani ci fanno entrare. Poi il bazar, curiosando qua e là capitiamo nella bottega di oggetti in rame dove un ragazzino ci illustra la sua merce. Ci indica un macinino da caffè e ci chiede come si dice in italiano. Macinino! Il nome gli piace, lo annota sulla mano con la penna e quando noi andiamo via lo sentiamo ripetere : macinino, macinino e di corsa a scriverlo sul quaderno.
Nella bottega delle spezie ed erve medicinali acquistiamo l’hennè, dopo una lunga spiegazione sulle varie erbe della bottega. E’ quasi sera e andiamo a cena da Cercis Murat Konagi, un locale gestito da sole donne. Purtroppo è tutto prenotato da uno sposalizio. Un giovane poliziotto ci indica Antik Sur Han, un luogo incantevole in un antico caravanserraglio con molti tappeti alle pareti e sui divani. Islam e un suo collega cameriere si prodigano per aiutarci nella difficile scelta delle pietanze. Tutto buono, poi Islam ci invita per domani che ci sarà una serata danzante. Prima di salutarci una bagnatina alle mani con il Guler, un dolce profumo che si usa dopo i pasti.