13 nov 2010

Omaggio a Istanbul

E’ la seconda volta che torniamo a Istanbul e il fascino che esercita è nel tempo rimasto intatto. Certo Istanbul da sola non rappresenta la Turchia. Ne rappresenta una parte, quella più moderna, più organizzata, forse più occidentalizzata almeno in molti suoi quartieri. Una grande città di 12 milioni di abitanti con estese periferie ed innumerevoli contraddizioni. Con zone povere e case disastrate e zone con grattacieli, una città dove coesistono moderni negozi e rustici mercati all’aperto, strade linde e pulite e strade maleodoranti e sporche. Una città che cerca di presentarsi con un “volto europeo”, pur sforzandosi fortunatamente di mantenere una propria identità. Una città bellissima, ricca artisticamente e storicamente, a cavallo di due continenti e per questo di grande fascino.
Non ci interessa descrivere un itinerario possibile in quanto tutti lo possono costruire consultando una qualsiasi guida. Anche noi lo abbiamo fatto a suo tempo e oggi siamo comunque andati a rivederci i “soliti” luoghi. Abbiamo voluto provare a fissare nella memoria alcuni aspetti, alcune peculiarità che, crediamo, ci faranno ricordare questa città anche quando il viaggio sarà terminato e noi saremo ritornati alla nostra quotidianità.
  
“La vita non può essere così brutta, - penso a volte. – Comunque,uno alla fine può sempre farsi una passeggiata sul Bosforo”
Orhan Pamuk
           
 Il Bosforo

Il sole è tramontato e le prime luci della sera si confondono con i fari della auto che in coda ci accompagnano sul Bogazci Koprusu, il grande ponte sul Bosforo a cavallo di due continenti. Sotto, nel nero delle acque si intravedono alcune navi che lentamente transitano. Scendiamo per Ortakoy passando dietro la piccola moschea, da qui a Besiktas, poi il Dolmabahçe e quindi Cihangir fino a vedere la torre di Galata. Siamo ormai a Karakoi dove si attraversa il Galata Koprusu, il basso ponte che ci introduce nel Corno d’oro. La zona delle fantastiche residenze e moschee, del Topkapi e di Sultanahmet, dei vivaci bazar e di Suleymaniye. C’è una forte umidità stasera e il caldo è afoso. L’acqua è quasi ferma, il buio contribuisce a renderla di un nero intenso, oleosa come il petrolio delle tante petroliere che vi transitano provenienti dal Mar Nero e poi verso il Mar di Marmara , lo stretto dei Dardanelli e finalmente il Mediterraneo.Al mattino una nebbiolina lo avvolge e lascia intravedere appena le sagome delle navi al largo,container e navi cisterna.  E’ giorno e il Bosforo si anima, torna a vivere. Sirene e fumi neri, persone che si affollano sui moli mentre dal ponte di Galata un intrico di sottili fili di nylon viene calato in acqua nella speranza che qualche pesce abbocchi.  Tra Sirkeci ed Eminonu i battelli trasportano viaggiatori a Uskudar o a Basiktas ondeggiando al passaggio delle navi in transito. Il Bosforo costellato di grandi palazzi che hanno segnato la storia di questa città. Dal Corno d’Oro al bianco abbagliante del Dolmabachçe sovrastato oggi dai moderni grattacieli di Taksim e Harbiye, dal piccolo Beylerbey che annuncia l’Asia, alle poche antiche case ottomane rimaste sopravvissute agli incendi e alle navi e, a guardia, sull’acqua sfiorato dai battelli, la bella Kizkulesi.
Il Bosforo dalle acque profonde e certamente inquinate, dove un gruppo di ragazzi si avventura in acqua mentre altri preferiscono sdraiarsi al sole.
Il Bosforo che al calar della sera si illumina per poi tornare nella oscurità. Uno spicchio di luna appare, le acqua si calmano, torna il silenzio rotto solo dal lento passaggio delle grandi navi e dalle piccole imbarcazioni di pescatori.

“Quando vado via da Istanbul,a volte ,penso di volerci tornare al più presto possibile per riprendere a contare le navi. Altre volte,invece, credo di potermi far cogliere più velocemente dal senso di tristezza e perdita,emanato dalla città, se non conto più le navi.”

Ohran Pamuk
 I venditori di Istanbul


Bir lira !,Bir lira !, urla un venditore di pannocchie con un piccolo carretto con copertura in tela,che si sposta a secondo del flusso di gente, lungo i viali e i giardini tra la moschea Blu e Agia Sofia. Alcune sono a bollire in una pentola, altre le gira sapientemente facendo attenzione a non bruciarle, su una improvvisata griglia con carboni ardenti. Gli fa eco poco distante un ragazzino che si aggira con un secchio nella mano. Ghiaccio per tenere al fresco piccole bottiglie di acqua minerale, quanto mai utili e desiderabili in questo calda giornata di agosto a Istanbul; 50 centesimi per un momentaneo refrigerio.
All’imbarcadero di Eminonu saliamo al volo sul battello che attraversa il Bosforo.
Cay ! Cay ! Cay ! , con il suo vassoio stracolmo di bicchieri passa il ragazzo con il te’.
E’ romantico navigare sul Bosforo tra antichi palazzi di Sultani, moschee e le vecchie case di legno di Uskudar sorseggiando una tazza di te’.
In uno slargo nella piazza della Yeni Camii, la banda dei Giannizzeri in alta uniforme rossa, armata di trombe e tamburi scandisce il tempo che preannuncerà la fine del primo giorno di Ramadan.
Accanto al ponte di Galata, a Eminonu, le onde create dei taxi-boat e traghetti fanno ondeggiare, al punto da preannunciare un ribaltamento, le tre imbarcazioni della “Kalata y Barbaros” con i loro fregi dorati e le grandi griglie al centro da cui si alzano fumi e vapori e su cui una distesa di Sgombri lentamente cuoce. Balik Ehmek !  a 4 lire urlano i marinai, e sulla banchina, seduti attorno a piccoli tavoli, decine di persone onorano questo rito da cui non ci si può in alcun modo sottrarre.
Istanbul, Galata e il balik-ehmek sono una cosa sola. Un tempo erano molti di più e le barche schierate a lato del basso ponte, il pane con pesce ci veniva consegnato avvolto nella carta di giornale e lo si mangiava in piedi. Oggi è un po’ cambiato in osservanza alle norme igieniche, ma i sapori e i profumi ci sembra di ricordarli come allora.
Un giovane con vassoio in mano si aggira nei pressi, è il venditore di Chorba, alte tazze riempite fino all’orlo di una zuppa verde in equilibrio perfetto e attento a non rovesciare nemmeno una goccia ….per chi volesse un pasto completo. Poco oltre da un carretto un signore con gilé in velluto orlato di fili dorati prepara il Tursuc,un insieme di cetrioli e verze messe in bicchieri su cui versa del liquido rosso da un barilotto appeso. Una sorta di giardiniera acetata. Una specialità ci rassicura un ragazzo. Gusto un po’ forte e deciso, buono per accompagnare il balik-ehmek.
E se mai si voglia concludere con il dolce, basta volgere lo sguardo verso Rustem Pasa per scorgere il carretto su cui si preparano Lokumaci, palline di pasta fritta passate nel miele.
Un gruppo di  bimbi gioca sui gradini nei pressi della Yeni Camii, un paio di essi stanno appartati con una bilancia digitale. Una lira per controllare il tuo peso ! 
E’ il tramonto, un colpo di cannone e le trombe dei Giannizzeri annunciano che il primo giorno di Ramadan è finito,ma qui nessuno sembra curarsene.
Le botteghe cominciano a chiudere e le strade si riempiono di spazzatura, carta e buste, gli addetti alla nettezza urbana hanno già cominciato il loro giro.
Profumi, odori e colori annunciano il mercato delle spezie , Misir Carsisi o  bazar egizio. Cesti con coni di curcuma, peperoncino, zafferano,hennè e altre polveri colorate e accanto sacchi di Finduk,le nocciole, e Fistik, i pistacchi. garantiscono che sono di Gaziantep, i migliori della Turchia.
Le strade strette sono invase dai carretti spinti a mano sui quali fa bella mostra , ordinata e disposta come solo in oriente sanno fare, frutta e verdura. Tavoli multicolori e venditori le cui voci si alzano nel tentativo di sovrapporsi a quella del vicino.
Incir ! Incir !, fichi giganti e pesche; 2 lire e mezzo per un cestino di more. Quelle grosse sopra, sotto inevitabilmente piccole,….come in tutti i mercati del mondo.
Le luci che illuminano le strade per Sultanhamet si spengono d’improvviso facendo piombare per qualche istante la città in un buio pesto. A Yerebatan caddesi la luce torna. Davanti ad una gelateria un bimbo guarda incredulo il cono di gelato sparire davanti ai propri occhi. Con una lunga paletta scavano nei grossi contenitori e appiccicano letteralmente il denso “dondurma” al cono. Poi si divertono nei giochi di prestigio. I gelatai turchi sono dei veri prestigiatori con i coni di gelato, li girano,li rigirano, poi li nascondono nel palmo della mano per farli ricomparire subito dopo per la gioia dei bimbi che finalmente, dopo attimi di smarrimento,  possono gustare il loro dolce “dondurma”.
Si sentono suoni che provengono dai palchi allestiti in Sultanhamet.
La festa è cominciata !

by LuRosNET - note di viaggio Turchia 2010